Intervista al Maestro Giovanni Criscione.
Conoscere se stessi. E’ questo il principio base dell’Ayurveda, una scienza medica che si propone di curare la malattia partendo dall’esame del singolo individuo.
Il maestro Giovanni Criscione è un operatore ayurvedico. Originario di Pedalino (Ragusa), da quasi venticinque anni ha fatto dell’ayurveda la propria ragione di vita.
Maestro Criscione, potrebbe chiarire in poche righe il concetto di Ayurveda?
“Ayurveda significa conoscere se stessi. La parola deriva dall’unione dei due termini indiani ayus, cioè vita e veda, conoscenza. Ayurveda significa conoscenza della vita. Bisogna avere chiaro il concetto che la natura è perfetta e l’uomo, in quanto parte della natura, è perfetto e irrepetibile. Detto questo, bisogna conoscere bene i contenuti di questa perfezione.”
Cosa si intende per conoscenza dell’individuo?
“L’uomo può raggiungere il proprio benessere solo se conosce se stesso in quanto equilibrio di corpo, mente e anima. La medicina occidentale si occupa solamente del corpo. Per noi la cura del corpo va sempre di pari passo con quella degli altri due elementi. Anche la malattia più banale va curata partendo dalla conoscenza dell’individuo.
L’esame dell’individuo dovrà approdare ad individuare la composizione dei dosha. Secondo l’antica filosofia indiana, il funzionamento del corpo umano dipende dall’equilibrio dei dosha. I dosha sono tre e sorgono dai cinque elementi: etere, aria, fuoco, acqua e terra. L’etere e l’aria formano il principio vata (azione). Il fuoco è rappresentato nel pitta (energia), sul quale esercita una certa influenza anche l’elemento acqua. Infine, acqua e terra formano il principio kapha (coesione). In ogni individuo c’è sempre un dosha che prevale sugli altri e determina, secondo l’antica saggezza ayurvedica, dieci diverse costituzioni fisiche o tipologie. Ogni individuo è animato dalle tre energie principali (dosha) in proporzioni diverse. Ogni volta che questi elementi variano la quantità o la posizione nel corpo avvertiamo dei disturbi. Ciò premesso esistono, a seconda del dosha prevalente, soggetti diversi. Esistono anche soggetti in cui vi sono due, o addirittura tre, dosha in eguale proporzione.”
Entriamo nel dettaglio, quali sono le caratteristiche dei soggetti in cui predomina un determinato dosha?
Il primo dosha, il vata, è il dosha del movimento. Una persona di natura vata è mobile, flessibile, fredda, veloce e leggera. La secchezza è una qualità del vata, che si manifesta nella forma del corpo: piccolo e snello. Le persone in cui predomina l’energia vata sono molto attive ma si stancano facilmente. Uno squilibrio di vata produce mancanza di radicamento, preoccupazione, ansia, insonnia o dolore e la pelle può diventare secca e screpolata.
Una persona di tipo pitta è calorosa, brusca, ha un marcato odore corporeo, ama i sapori piccanti e aspri. I capelli sono morbidi, con tendenza alla calvizie e a ingrigire. Di temperamento è coraggioso, ma intollerante. Si agita e si incollerisce subito e ha poca pazienza. Uno squilibrio di pitta può causare febbre, infiammazioni, eruzioni cutanee, ulcere, un temperamento esplosivo e tendenza alla critica e al perfezionismo e la pelle può produrre acne infiammata e irritarsi.
Il terzo principio organizzativo, il kapha, rappresenta la forza biologica. Fornisce energia a tutto l’organismo. Una persona kapha è vigorosa, dotata di buoni mezzi materiali, conoscenza, tranquillità, serenità mentale. Ha un aspetto morbido, limpido e gentile. La carica di libido è notevole e tende a generare molti figli. La chiarezza e la freschezza del kapha conferiscono un colorito e una voce gradevoli. Uno squilibrio di kapha può causare congestione, gonfiori, obesità, letargia. A livello di problemi strettamente psicologici un soggetto kapha è più portato rispetto ad altri a cadere in uno stato di pigrizia eccessiva o, addirittura di depressione.
Quando individuiamo uno squilibrio in un dosha dobbiamo cercare di ristabilire lo
stato di armonia.”
Quali sono i rimedi per riequilibrare i dosha?
“Per riequilibrare un dosha si lavora incrementando le qualità opposte attraverso cambiamenti nello stile di vita: dieta, uso di spezie, oli, massaggi, colori, pietre e la pratica dello yoga. Come in una specie di bilancia si tende a compensare lo squilibrio energetico.”
Veniamo all’alimentazione. Quali sono i consigli più efficaci?
“Se si determina uno squilibrio di vata occorre ricorrere a cibi dolci, salati o ad alto contenuto di acidità per compensare la secchezza tipicamente vata. Uno squilibrio di pitta dovrà essere compensato da cibi amari, dolci o astringenti per compensare la forza dei sapori tipicamente pitta (piccanti e salati). Così, uno squilibrio di kapha andrà compensato da cibi amari, piccanti e astringenti.”
Molto della terapia ayurvedica si basa sul massaggio. Sbaglio?
“Anche il massaggio varia a seconda dello scompenso energetico riscontrato nell’individuo. L’arte del massaggio ayurvedico prevede venti tecniche diverse. Può essere essenzialmente manuale o può avvalersi dell’ausilio di oli di vario genere. Un esempio? Uno squilibrio di vata può essere curato attraverso l’utilizzo di un olio chiamato Shiro Dhara, attraverso il quale si elimina il vata e si ottiene un effetto unico, quasi ipnotico.” Incuriosice la terapia del colore.
Ci può spiegare?
“Il fondatore dell’ayurveda, Charaka, diceva che non si può eliminare il buio con il buio. Gli eccessi vanno compensati con l’opposto. Ad esempio, il tipico colore pitta è il rosso ed uno scompenso di pitta va ridotto attraverso colori opposti al rosso. L’azzurro è l’opposto del rosso per antonomasia. Un soggetto che presenta uno scompenso pitta dovrà, per esempio, indossare abiti azzurri ed evitare il rosso. In tal modo si agirà sullo scompenso di pitta.”
Qual è il livello di successo di una cura ayurvedica applicata ad una malattia? Riuscite a curare qualunque malattia?
“Siamo in grado di trattare qualunque disturbo, ma, essendo l’ayurveda una scienza individuale, molto dipende dalla risposta della persona a livello di conscienza.”
Che ruolo esercita la cosiddetta forza di volontà dell’individuo?
“Noi maestri ayurvedici usiamo dire che pensieri felici generano cellule felici. Ciò significa che la predisposizione dell’individuo e la sua volontà di guarire giocano un fattore determinante nella buona riuscita della terapia ayurvedica. Ci tengo a sottolinearlo nuovamente, per l’ayurveda la mente ed il corpo vanno curati contemporaneamente. La sola cura del corpo è incompleta per definizione.”
Chi è il paziente tipo della medicina ayurvedica?
“Ci sono due categorie di soggetti che ricorrono all’ayurveda. Un primo gruppo sceglie la terapia ayurvedica come ultima spiaggia e come alternativa al fallimento della medicina occidentale. Un secondo gruppo è quello che sceglie l’ayurveda per prevenire l’insorgere del disturbo. E’ questa la tipologia di paziente che più ci dà soddisfazioni. L’ayurveda si basa essenzialmente sulla ricerca del benessere. Il ruolo dell’operatore ayurvedico consiste proprio nell’essere consigliere di benessere, nell’educare l’uomo a prevenire, sperimentare il proprio benessere e preservarlo. Fatte queste premesse, è facile capire come nella filosofia ayurvedica la prevenzione giochi un ruolo centrale.”
C’è differenza tra operatore ayurvedico e medico ayurvedico?
“Da tanti anni, o forse fin dall’inizio dei tempi, la figura del medico è stata associata alla malattia e alla cura della medesima. Ancor oggi la gente va dal medico quando ha un problema di salute, purtroppo spesso quando è diventato ormai cronico, così ancor oggi il medico è chiamato al suo ruolo, trattare la malattia già formata. Noi invece proponiamo una ricetta individuale di benessere dando al paziente i mezzi che gli permettono di conoscersi, conoscere la propria natura e rispettarla. Uno dei concetti che sono solito trasmettere alle persone che seguono i miei corsi l’ho riassunto in tre parole: Conoscersi, Apprezzarsi, Migliorarsi. Educare al benessere, questo è il ruolo dell’operatore ayurvedico.”
Giovanni Criscione
Il maestro Giovanni Criscione è originario di Pedalino (frazione di Comiso), nel 1977 ha lasciato il suo paese natale per raggiungere l’India. E’ stato istruito dal guru Maharishi Mahesh Yogi (famoso negli anni 70 per la sua vicinanza ai Beatles). Da lui ha appreso le tecniche di meditazione trascendentale e lo yoga. La passione per l’ayurveda nasce in lui nel 1982. Frequenta dei corsi per operatore ayurvedico in Olanda e nel 1985 consegue il titolo di Operatore Ayurvedico presso l’Università di Benares (Varanasi). Dal 1999 gira l’Italia al fine di promuovere l’ayurveda in tutto il territorio nazionale. Ha fondato e diretto diverse scuole ayurvediche. “Conoscersi, apprezzarsi e migliorarsi”. E’ questo uno dei concetti che è solito ripetere a coloro che frequentano i suoi corsi. Giovanni Criscione ama definirsi un educatore al benessere. Egli afferma: Noi Operatori Ayurvedici puntiamo principalmente alla prevenzione. La maggior parte dei nostri problemi di salute nascono dal non rispettare la nostra vera natura. Vorremo che la gente imparasse a conoscere se stessa.”
Articolo di Marco Iannizzotto apparso sulla Rivista FREE TIME dicembre 2007. marcoiannizzotto@freetimeweb.net