AYURVEDA:
LA SCIENZA DELLA VITA
L’EVOLUZIONE SCIENTIFICA DEL NOSTRO TEMPO, CON I SUOI NUOVI E RAFFINATI METODI DI INDAGINE, HA CONSENTITO DI RIVALUTARE L’AYURVEDA, UN METODO DI CURA INTEGRATO, PER LA MENTE ED IL CORPO. QUESTA ANTICA MEDICINA INDIANA NON CONSIDERA TANTO I DIVERSI TIPI DI MALATTIA, QUANTO I DIVERSI TIPI DI MALATO, FOCALIZZANDO L’ATTENZIONE SUL CONCETTO DI SALUTE PERFETTA E SUL L’ALLUNGAMENTO DELLA DURATA DELLA VITA.
Secondo la tradizione indiana un tempo, quando il mondo era colpito da numerose malattie, i grandi saggi, spinti dal desiderio di alleviare il dolore degli uomini, si riunirono vicino alle sacre montagne dell’Himalaya e incaricarono Bharadvaja di recarsi nella dimora di Indra per imparare l’Ayurveda. Così avvenne e al suo ritorno Bharadvaja istruì in questa grande conoscenza il suo discepolo Atreya che, in tal modo, avviò una catena di conoscenza sapienziale , come sempre avviene nella tradizione orientale (1). Purtroppo il decorso del tempo è paragonabile all’oscillazione di un pendolo, con periodi di pienezza seguiti da periodi di oscurantismo, in cui il valore della conoscenza sembra perduto irrimediabilmente e ciò che un tempo era scienza si ammanta di sovrastrutture e fraintendimenti per divenire leggenda, o peggio, superstizione. Nel Kali yuga, la lunga era delle tenebre, è stata questa sorte comune di tutta la grande cultura vedica che sembrava perduta nel suo valore essenziale. Veda significa semplicemente conoscenza, ma conoscenza totale dell’assoluto, del relativo e della loro connessione. In quanto tale, non è mutevole o destinato all’oblio, ma sempre disponibile per “colui la cui consapevolezza è aperta a quell’infinito valore” (2).
La tradizione indiana nulla tramanda circa le date presumibili di relazione o gli autori dei testi vedici, proprio perché li ha sempre ritenuti impersonali ed eterni: sono i rishi, i veggenti della realtà, che con il loro sistema nervoso completamente puro sono in grado di riprodurre, come una cassa di risonanza, questi impulsi che sono gli impulsi stessi della creazione.
Se consideriamo, quindi, lo sfondo storico dell’ayurveda bisogna risalire alla comune quadripartizione del veda in Rig veda, Sama veda, Yajur veda e Atharva veda. Associati a questi che sono come rami dell’albero della conoscenza, abbiamo i cosiddetti upaveda, o veda subordinati, che sono associati al valore più prettamente fisico, e a questa categoria va ricondotto anche l’Ayurveda, considerato subordinato sia Rig che atharva veda (3).
La scienza della medicina era giunta anticamente ad alti livelli di evoluzione ma la gran parte di questa letteratura è andata perduta a causa delle complesse vicissitudini storiche e politiche di cui l’India è stata protagonista e ciò che noi oggi conosciamo proviene dalla tradizione orale che ha tramandato fino a noi i principi di questa conoscenza (veda) della vita (ayu).
La grande evoluzione scientifica del nostro tempo ha fornito nuovi e più raffinati metodi di indagine per attrezzare e rivalutare, in base a cognizioni più approfondite, questa “scienza della vita” che ha superato la prova del tempo. Una grande operazione di rilancio su scala mondiale, per ripristinare nei suoi valori essenziali questo metodo di cura integrato per la mente ed il corpo, è stata avviata dai centri di prevenzione ayurvedica Maharishi che risposta alle esigenze di un’epoca contraddistinta dalla parcellizzazione della cultura, ed in particolare di quella medica, vuole riproporre questo sistema curativo, considerato ad un tempo il più antico ed il più evoluto (4).
“C’era bisogno di un’era scientifica perché il mondo potesse apprezzare la piena dignità dell’ayurveda come sistema solistico di salute perfetta”. E’ quanto afferma Maharishi Mahesh Yogi, fondatore della Federazione mondiale di ayurveda che, in questa ottica, ha avviato un piano globale per affrontare i problemi della salute dalla prospettiva della prevenzione. In effetti questo antico sistema è origine di tutte le tradizioni di medicina naturale e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ne ha riconosciuto la validità, raccomandandone l’applicazione nel quadro dell’iniziativa “salute per tutti entro il 2000”.
La caratteristica peculiare di questo metodo curativo consiste nel focalizzare l’attenzione sul concetto di salute perfetta e sull’allungamento della durata della vita. L’ayurveda ritiene che la salute vera consista in un ideale equilibrio tra l’aspetto fisiologico ed un benessere interiore, da cui scaturisce un più elevato livello di resistenza alle malattie e il ritardo dei processi di senescenza. Come tutti i sistemi integrati, questa antica medicina indiana, non parte dall’analisi dei diversi tipi di malattia ma considera, in primo luogo, i diversi tipi di malato (5).
La totalità delle attività umane è, infatti, controllata da tre forze fondamentali, chiamate tridoshas: vata, pitta e kapha che in una relazione di equilibrio mantengono la salute, mentre è il loro squilibrio a produrre la malattia (6). Comunemente questi termini sanscriti vengono tradotti con vento, bile e flema che, comunque, non esprimono compiutamente il loro significato.
Per somme linee, vata presiede alle funzioni corporee e mentali legate al movimento, pitta alle attività metaboliche e kapha mantiene l’equilibrio nella struttura del corpo umano. Vata è il primo dei costituenti del corpo vivente, corrisponde ai processi somatico-psichici di una natura dinamica e nella fisiologia moderna si collega al sistema nervoso, centrale, vegetativo, periferico ed autonomo.
Le attività metaboliche sono , invece, sostenute da pitta che possiede le qualità di penetrazione, calore, untuosità, mobilità e fluidità. Pitta permea le più importanti parti del corpo ed in particolare presiede ai processi di ossidazione e combustione del metabolismo. Nella fisiologia moderna si può rapportare ai sistemi termogenetici, nutrizionali e delle attività ghiandolari (7). I processi fisiologici e mentali di natura conservativa e stabilizzante che si autoriproducono, sia a livello cellulare che all’interno organismo, sono presieduti da kapha. Kapha con riferimento alla fisiologia si può identificare nel sistema osseo e anabolico e nel funzionamento del protoplasma (8).
Oltre ai tridoshas l’ayurveda identifica sette costituenti corporei: i dathu, noti come rasa, rakta, mamsa, meda, asthi, majja e shukra, ognuno dei quali ha una distinta funzione nel corpo (9). Quindi la salute non è altro che l’esistenza dei molteplici dathu e tridoshas del corpo in uno stato di armonia. Quando l’armonia è perduta, ovvero quando uno o più tra questi fattori decresce e, in antitesi, altri vengono incrementati il risultato di questa disarmonia è l’insorgere dell’affezione morbosa. Secondo una radicata abitudine, la gente consulta il medico solo quando è ammalata, mentre anticamente in Cina, quando l’imperatore si ammalava, i suoi medici personali venivano addirittura messi a morte, perché l’insorgere della malattia rappresentava la prova più evidente del fallimento della funzione del medico stesso.
Al di là di questi estremi, la ragione principale di questa erronea abitudine è data dal fatto che la medicina occidentale, pur considerando gli enormi progressi compiuti, non offre nulla di veramente valido ed efficace per prevenire le malattie. Conseguentemente chi non è malato non avverte l’esigenza di consultare un medico, che in effetti, è un esperto di malattie e non di salute e benessere.
L’ayurveda come sistema di salute si focalizza prevalentemente sulla prevenzione delle malattie e sulla promozione di una salute perfetta. Un approccio preventivo così comprensivo è determinato da una comprensione fondamentale dell’eziologia e della patogenesi delle malattie (10).
La comprensione medica moderna si riferisce sempre a disturbi specifici o a gruppi di malattie, e di solito, le misure profilattiche tendenti a prevenire disordini specifici non sono adeguatamente efficaci. In base alla conoscenza profonda dei motivi più reconditi dello stato di salute e malattia, l’ayurveda è in grado di fornire programmi veramente efficaci per la prevenzione individuale e collettiva. Tutti questi programmi attribuiscono una grande importanza a fattori quali la costituzione individuale, una dieta naturale adattata individualmente, la routine giornaliera e stagionale e la somministrazione periodica di complementi alimentari che promuovono la salute chiamati rasayana.
I rasayana sono una particolarità dell’ayurveda e rappresentano la principale delle otto strategie applicative in cui questo si suddivide (11). Non si tratta tout court, della scienza della longevità perché il suo scopo non è semplicemente quello di allungare la vita, ma soprattutto di “allargarla”, consentendo di vivere una vita, non solo lunga, ma felice e sana (12).
Rivelanti ed interessanti ricerche sugli effetti dei rasayanas sono state condotte presso il Massachussetts Institute of Tecno logy (MIT) dal dr. Tony Abou Nader, ricercatore in neuroendocrinologia. Questo studio concerne un particolare procedimento, conosciuto tradizionalmente per i suoi potenti effetti sull’inversione del processo di invecchiamento ed è stato articolato secondo due direttrici fondamentali: da una parte si è voluta accertare la totale innocuità del trattamento e, dall’altra, i meccanismi d’azione della cura. I lusinghieri risultati ottenuti hanno incoraggiato un ulteriore impiego di risorse e di mezzi per lo sviluppo del progetto (13).
In conclusione l’aspetto fondamentale dell’ayurveda è quello di considerare l’individuo nel suo insieme per riportare l’armonia in tutti i costituenti della vita, sviluppando livelli di massima correlazione, tra la mente ed il corpo. Per questo nei centri di prevenzione viene insegnata anche la tecnica di meditazione trascendentale come approccio dal livello della mente ad uno stato di perfetta salute (14). Il termine sanscrito “Swastha” (salute) significa letteralmente essere stabilizzati nel sé e la definizione di persona sana, contenuta nella Sushruta Sutrasthanam (15,41) è:
“Samadoshah, samagnish ca
samadhatumalakryah,
prasannatmendriyamanah,
swastha iti abhidhiyate”.
“Colui i cui dosha sono in equilibrio,
il cui appetito è buono,
i cui tessuti del corpo funzionano normalmente,
le cui funzioni di escrezione sono in equilibrio,
ed il cui Sé, mente e sensi rimangono pieni di beatitudine, è chiamato persona sana”.
Certamente qualcosa di più e meglio di uno stato di non-malattia.
Note:
1. Atreya trasmise la sua conoscenza dell’arte medica a sei discepoli: Agnivesha, Bhela, Jatukarna, Parasara, Marita e Ksharpani, ognuno dei quali scrisse un trattato di medicina. Di questi sono a noi pervenuti solamente il Bhela samita e l’Agnivesha samita, meglio conosciuto come Charaka samita.
2. Il mandala del Rig Veda (164,39), recita: “Richo akshare parame vyoman Yasmin deva adhi vishe nisheduh Yastanna veda kimricha karishyati Ya ittadvidusta ime samasate) (I versi del Veda esistono nello stato trascendentale, quelli la cui consapevolezza non è aperta a questo campo, cosa possono fare gli inni per loro?).
3. Il veda è stato strutturato da Vyasa in 4 parti: Rig, Sama, Yajur, Atharva. Lo scopo del Veda è di sostenere il dharma nei periodi di ignoranza, quando l’uomo perde il contatto con le leggi di natura, l’introspezione, i valori interiori. Queste diverse parti si occupano rispettivamente: Rig V. della pienezza, assoluto, pura coscienza; Sama V. flusso di quella pienezza, vibrazione dell’immanifesto, coscienza, impulso di manifestazione; Yajur, effetti prodotti dalla pura coscienza a seguito del suo fluire (creazione, manifestazione, conservazione); Atharva V., assorbimento nel silenzio, eternità, potenzialità della manifestazione a tornare alla sua vera natura immanifesta.
4. I centri di prevenzione ayurvedica Maharishi sono operanti in Italia a Verona, Roma, Napoli.
5. Un aspetto distintivo dell’ayurveda è la concezione relativa ai diversi tipi di costituzione fisica (deha-prakriti), determinata dal dosha prevalente al momento del concepimento. Ad ogni diversa deha-prakriti corrispondono particolari caratteristiche psico-fisiche che determinano la tendenza contrarre determinate malattie, al contrario della medicina moderna che tende solo a debellare un dato virus o batterio. Un parallelo con la fisiologia indiana può essere rinvenuto nella Bhagavad Gita, dove nel capitolo XVII, Krishna parla dei temperamenti umani caratterizzati da satva, rajas e tamas e dell’alimentazione tipica di chi è dominato rispettivamente da virtù, passione e ignoranza.
6. Poiché ad ogni costituzione corrisponde diversa reazione ai medicamenti somministrati, la cura varia con la qualità dominante. “La medicina corretta e la medicina pura – afferma un principio contenuto nei testi , antichi di oltre 3000 anni – curano una malattia senza provocare altre reazioni e malattie, mentre il rimedio impuro cura momentaneamente il male e sopprime i sintomi ma nello stesso tempo causa reazioni”. E ancora Charaka, nei Charaka samita: “Si può sopravvivere alla caduta di un fulmine sul proprio capo, ma non si può sperare di sfuggire agli effetti fatali di una medicina prescritta da un medico incompetente”.
7. I cinque tipi di pitta, ossia Panchakam, Ranjakam, Soohakam, Alochakam e Prajakam sono posti nello spazio tra amasayan (lo stomaco) e pakvasayam, rispettivamente nel fegato e nella milza, nel cuore, negli occhi e nella pelle. Ogni specifico tipo di pitta contribuisce alla funzione dei rispettivi organi. Ad esempio panchakam favorisce la digestione e così via.
8. Anche kapha può essere di cinque specie differenti: avalambakam si trova nel torace, controlla le carenze di kapha prodotte nel corpo; kledakam, posto nello stomaco emulsiona i cibi ingeriti; darpakam, rinforza il sistema cardiocircolatorio; sleshkam serve a mantenere efficienti le articolazioni; bodhakam consente alla lingua, organo del gusto di percepire i diversi sapori.
9. Il Rasa Dathu deriva dai succhi gasrtici e ha effetto nutritivo circolando attraverso i vari canali dell’organismo. Il Rakta D. nutre i tessuti muscolari e accresce la vitalità. Il Mamsa D. riveste le ossa e dà vigore fisico. Il Meda D. provoca la traspirazione, rinfrescando il corpo. Il’ Ashti D. nutre il midollo e sostiene il corpo. Il Majja D. riempie le cavità e porosità delle ossa. Lo Shukra D. è all’origine del vigore fisico ed è causa della fecondazione.
10. Una particolarità della diagnosi ayurvedica è rappresentata dall’esame del polso, attraverso il quale il bravo medico è in grado di formulare una diagnosi completa ed esatta. Il metodo consiste nell’esercitare una pressione sull’arteria radiale con tre dita, ognuna delle quali rappresenta un diverso dosha; la pulsazione meglio percepibile determinerà la prevalenzadi vata, pitta o kapha.
11. Oltre al rasayana che è essenzialmente la terapia contro la senescenza abbiamo kaya (medicina generale), shalya (chirurgia maggiore), shalakya (otorinolaringoiatria e malattie degli occhi), bhuta vidhya (psichiatria), kaumara bhritya (pediatra), agata (tossicologia), vajikarana (effetti delle sostanze afrodisiache). Nel suo complesso il sistema è conosciuto come astanga ayurveda.
12. Nei testi classici grande importanza viene attribuita alla eliminazione delle impurità dell’organismo, prima di procedere alla somministrazione dei trattamenti:”se si deve tingere una stoffa viene dapprima lavata e poi tinta, si colorerà solidamente e si otterrà lo scopo desiderato. Nel medesimo modo se il corpo non è puro, ma pieno di mala o secrezioni, l’effetto dei rasayana non sarà cosi evidente”.
13. Nella relazione presentata alla conferenza dell’associazione medica mondiale per la perfetta salute, il dr. Abou nader, così descrive i risultati conseguiti:”La strategia usata si è basata sulla che l’invecchiamento precoce, il cancro e le diverse malattie degli organi sono prodotte nelle cavie da una dieta non bilanciata (troppo ricca di grassi e carente di metionina e colina). Gli effetti più devastanti di una tale dieta si sono registrati nei reni e nel fegato. La struttura e le cellule renali sono colpite in modo particolare da proteiniuria, ipertensione e dai loro effetti patologici associati al cuore e al cervello, mentre il fegato è soggetto a necrosi. Con nostra grande soddisfazione abbiamo scoperto che il rasayana è in grado di prevenire gli effetti devastanti di tale dieta. Gli animali sottoposti al trattamento rasayana mostravano l’efficienza dell’apparato renale, senza segni di patologie o necrosi, se confrontati ad un gruppo di controllo, tenuto solo a dieta”.
14. Cfr. Abstracta n. 2, Massimo Biondi – Fisiologia della meditazione.
- Articolo tratto dalla rivista "ABSTRACTA"