Quando si considerano i fenomeni della salute e della malattia, sono generalmente due le prospettive in ambito medico da cui si guarda all’essere umano: una olistica e una analitica.
La prospettiva olistica (olos in greco significa “tutto”) pone la sua attenzione sull’essere umano inteso nella sua globalità, guarda alla relazione tra le varie parti di se stesso e alla relazione con ciò che è fuori di sé. Il funzionamento di ogni singola parte (organi) è valutata in base a quanto influenza la persona nel suo insieme.
La prospettiva analitica, invece, guarda alle parti di un organismo, all’osservazione di organi e tessuti, al loro singolo funzionamento, calcolando variazioni e valori.
Mentre nell’approccio analitico l’attenzione è posta all’acquisizione di conoscenze sempre più specializzate sui meccanismi relativi anche alle più piccole parti del corpo, nell’approccio olistico l’attenzione è posta alle relazioni. L’Ayurveda guarda proprio alle relazioni: tra l’uomo e l’ambiente circostante, il tempo, gli altri esseri umani, e alla relazione con se stesso, in un sistema ordinato di comunicazione, informazioni, scambi. In tale ottica, la salute diventa quindi un equilibrio dinamico. L’individuo è un sistema plastico e mobile, il cui benessere viene continuamente ripristinato nella sua unità psico-fisica che è in rapporto ineluttabile con gli altri e l’ambiente. L’uomo è considerato un microcosmo - fatto di corpo, mente e spirito – che è la misura dell’universo e che è inserito in un macrocosmo con cui è in stretta connessione perché composti degli stessi elementi.
Questo tipo di approccio olistico è comune sia all’Ayurveda che alla medicina ippocratica. Al medico greco vissuto intorno al 400 a.c., infatti, è attribuita la seguente affermazione “La cosa più importante in medicina? Non è tanto la malattia di cui il paziente è affetto, quanto la persona che soffre di quella malattia”. L’Ayurveda non fa un’analisi della malattia o dei singoli sintomi presi indipendentemente, ma guarda chi ha la malattia cioè l’individuo nel suo insieme e in tutti i suoi ambiti. Per fare ciò ha stabilito una classificazione in base alle diverse costituzioni, dette Prakriti. Queste diverse costituzioni presentano dei caratteri ben definiti e differenti, sulla base dei quali il medico ayurvedico (vaydia) ne riconosce lo squilibrio e - sulla scorta di questo - stabilisce il tipo di trattamento e/o medicamento che il paziente riceverà. Ciò che maggiormente caratterizza questo tipo di intervento è la sua adeguatezza alle diverse costituzioni, non alla malattia in sé. Il medico ayurvedico, allora, può dare indicazioni precise su preparati, comportamenti sbagliati che vanno corretti, cattivi stili di vita, nutrizione non adeguata, e a tutte le scelte inopportune che vengono compiute dal paziente. A quest’ultimo torna la responsabilità individuale della propria salute, troppo spesso ingenuamente sostituita o confusa con un’eccessiva fiducia nell’onnipotenza delle “pillole”.
“Affinchè l’acqua in piena non danneggi i raccolti, una diga è costruita come misura preventiva. Allo stesso modo terapie specifiche sono prescritte per mantenere il corpo sano e prevenire malattie che possano attaccarlo in futuro” (Car. Sar. 1.88,89)
Nell’Ayurveda la salute dell’individuo, la società e l’ambiente sono connessi in modo stretto. La prevenzione e il trattamento della malattia seguono una nuova via, combinando un approccio scientifico e filosofico che li esamina e comprende tutti e tre.