Cos'è e come si pratica?
Secondo l’ayurveda, prima di iniziare qualsiasi tipo di trattamento mirato alla soluzione di un disturbo specifico, è importante eliminare le tossine “ama” che si trovano nell’organismo, che si depositano, in particolar modo, nei canali “srota”, come il tratto gastro-intestinale, i vasi sanguigni, i canali linfatici, e quindi evitare che esse si diffondano e si radicano nei tessuti e negli organi vitali. Un trattamento superficiale, infatti, può attenuare i sintomi più fastidiosi di un disturbo, ma non cancellarlo del tutto, l’eliminazione delle tossine è necessaria per evitare che il problema si manifesti nuovamente.
Per l’esperto di ayurveda l’eliminazione delle tossine può avvenire sia a livello fisico che emotivo. Per ciò che concerne questo secondo aspetto, l’ayurveda sostiene che anche le emozioni negative possono provocare nel nostro organismo la produzione di tossine pericolose. Sentimenti quali l’ira, la paura, la gelosia o l’ansia e il nervosismo – che, sin da piccoli, la nostra cultura ci insegna a reprimere e a trattenere – possono avere effetti negativi sui diversi organi del nostro corpo.
Reprimere la paura, per esempio, può disturbare i reni, l’ira repressa, invece, può avere ripercussioni dannose sul fegato. Imparare a osservare queste emozioni, a comprenderle, ad averne consapevolezza e quindi a liberarsene: ecco la strada prescritta dall’ayurveda per trattare tutti i sentimenti negativi.
A livello fisico l’esperto di ayurveda applica quelle tecniche fisiche per ottenere una vera e propria “liberazione” dell’organismo dalle tossine responsabili del disturbo. Si tratta di processi di purificazione del corpo e della mente, che prendono il nome di panchakarma (pancha significa cinque e karma azioni), le cinque azioni di purificazione, e comprendono il vomito terapeutico “vamana”, l’uso di purganti e lassativi “virechana”, la somministrazione di clisteri medicati “basti”, l’uso di somministrazioni nasali “nasya”, le procedure di purificazione del sangue “raktamoksha”. Questi “trattamenti curativi” – che possono sembrare invasivi per la nostra cultura – sono i trattamenti interni descritti nell’Ayurveda classico che vengono applicati con l’assistenza e le indicazioni di un medico ayurvedico per il trattamento di vari disturbi causati dallo squilibrio dei dosha.
Ad esempio, Il vomito terapeutico (vamana) viene usato per eliminare l’eccesso di Kapha che provoca il muco responsabile di problematiche quali bronchite, tosse, raffreddore o asma.
I purganti (virechana) vengono impiegati per contrastare i disturbi provocati da un accumulo di Pitta che provoca eccesso di bile nella cistifellea, nel fegato e nell’intestino (infiammazioni della pelle come l’acne o la dermatite, per esempio, o febbre cronica) e depurare il sangue dalle tossine.
I clisteri (basti) vengono invece usati per alleviare la costipazione, la febbre, il raffreddore, i calcoli renali, i dolori di schiena e la maggior parte dei disturbi collegati a Vata, che è l’umore corporeo più attivo nella formazione delle malattie.
La somministrazione nasale con oli medicati o polveri (nasya) è impiegata contro le congestioni, la secchezza delle mucose nasali, la raucedine, il mal di testa. Attraverso il massaggio nasale, inoltre, può essere migliorata anche la respirazione.
Il salasso (rakta moksha), infine, essendo una terapia invasiva, oggi è molto meno frequente che in passato e viene spesso sostituito dalla somministrazione di infusi di erbe che hanno funzioni depurative del sangue. Scopo del salasso è quello di eliminare le tossine presenti nel sangue. Nei testi di Ayurveda viene indicato come rimedio efficace soprattutto contro attacchi ripetuti di malattie della pelle come l’orticaria, l’eczema, l’acne e il prurito e ancora contro la gotta o in caso di fegato e milza ingrossati.